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Quando si pratica Taiji Quan bisogna liberare la mente e raggiungere quello stato di vuoto che permetta concentrazione e rilassamento.
Principio basilare e condizione essenziale nel Taiji è “cuore sereno in una mente concentrata”.
Ho fatto mia questa condizione che applico quando dipingo: cerco di mantenere armonia del corpo e della mente, in accordo con l’energia dell’universo, in modo che vi sia l’unione della forza esteriore con la forza interiore. La mia pittura diventa così una sorta di meditazione sulla materia in cui cerco di far emergere le più impercettibili vibrazioni di colore e di materia, tento così di dare forma all’energia che ci pervade in ogni momento togliendo tutto il superfluo che c’è. È come se praticassi taiji invece che con le mani nude o la spada usando il pennello. Non raffiguro niente se non quello che non ha forma, l’intensità di qualcosa che si sente. È una pittura che non pensa ma che nasce dal sentire e muovere le energie che ci sono attorno a noi.
Per ottenere ciò utilizzo immagini, elaborazioni materiche, fotografie, pezzi di giornali, ideogrammi, a volte anche suggestioni oniriche e suoni. Le immagini così costruite perdono ogni riferimento rispetto al messaggio iniziale. Cerco di ricostruirle in maniera pittorica. Il mio scopo è affermare che, senza le chiavi di lettura che solo chi ha costruito l’immagine possiede, non è possibile ricostruire il messaggio iniziale.
Spesso nei miei dipinti utilizzo la calligrafia: l’arte del Taiji Quan e la calligrafia sono simili perché ambedue nascono dall’armonia fra la forza del polso e il sentimento del cuore. Esse si basano sullo stesso principio perché l’essenza di ambedue è l’energia, la parte più spirituale della nostra essenza.
Nei paesi orientali la calligrafia è considerata un’arte importante e la più raffinata forma di pittura. La calligrafia diviene così il legame fra l’arte e la comunicazione, un’alternanza di opposti che tende all’armonia, così come è la struttura zodiacale. Ogni simbolo o carattere che inserisco nei dipinti ha un preciso significato che è nascosto ai più. Solo chi possiede le chiavi di lettura potrà arrivare alla piena decodificazione del messaggio. Ed è con la condivisione di questi codici che si può avere la chiave di lettura. Condivisione è una delle parole che preferisco. Ogni simbolo e carattere, inoltre, possiede una propria armonia, che è data anche dal significato che si porta dietro. Spesso le parole ne nascondono altre, scrive Shakespeare. Recuperare la parola nel suo significato originario, togliendo tutte le cose che le si sono agganciate nel corso dei secoli, significa ritornare all’origine.
Questa è un’epoca di molte, troppe voci, di rumori, di eccesso di cose inutili. Vorrei cercare di cancellare i confini delle parole per ritornare alla lingua materna, una lingua condivisa a metà strada fra l’esperienza e il linguaggio. Una lingua che nomini le cose prima che si imprigionino in classificazioni logiche, parole nude prive di categorizzazioni, che trasudano ancora di terra, di corpo, di madre, di preludio, della fragilità degli inizi. Tornare a quel momento in cui non si distingue ancora tra la parola e la cosa, tra il corpo e il linguaggio, la parola raccolta alla sorgente degli inizi, il periodo legato all’infanzia e al primitivo. Ritrovare una libertà rispetto all’ordine logico del linguaggio e rispetto al reale, uscire dalla gabbia del pensiero codificato e stereotipato, raccogliere la parola da un luogo non luogo e da un tempo non tempo, in cui la parola aiuta a sentire che non si è in terra da soli.

Raffaella Vaccari

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